La crisi di salinità del Messiniano

Come gli eventi cambiano il nostro Pianeta

Incontro con Angelo Camerlenghi, Zohar Gvirtzman, modera: Gianluca Valensise
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Quando 

il 30 ottobre, alle 17:30

Dove 

Palazzo della Borsa, Sala del Telegrafo
Via XX Settembre, 44

Età consigliata 

Da 16 anni

Tipologia e disciplina 

Incontro
Scienze della Terra, del Mare e dell'Ambiente

  • Cosa
  • Chi
  • Dove
La crisi di salinità del Messiniano
Circa sei milioni di anni fa il Mar Mediterraneo fu trasformato in un gigantesco bacino salino, uno dei più grandi nella storia della Terra e, con molta probabilità, il più giovane. Questo evento, noto come la Crisi della Salinità Messiniana, ha cambiato la chimica dell'oceano globale, con un impatto permanente sugli ecosistemi terrestri e marini di tutte le regioni peri-mediterranee. Il primo affascinante scenario per spiegare la crisi fu suggerito dalle perforazioni scientifiche condotte nel 1970. La teoria dell'essiccamento mediterraneo descrisse un bacino quasi inaridito a causa dell'abbassamento del livello del mare per circa 1.500 metri, canyon fluviali profondamente incisi che si estendevano sui margini continentali esposti e un catastrofico evento alluvionale finale che ristabilì la connessione tra il Mediterraneo e l'Atlantico. Ciononostante, negli ultimi 50 anni le analisi dei campioni di roccia sui margini del Mediterraneo, i nuovi sondaggi dei bacini profondi e l'esplorazione degli idrocarburi - uno sforzo che ha generato oltre 1.800 pubblicazioni scientifiche - non hanno portato a un modello unificato e coerente dell'evento messiniano. A livello mondiale gli scienziati non concordano sulla reale entità del cambiamento del livello del mare – per alcuni un evento quasi trascurabile - né sui meccanismi che hanno riportato normali condizioni oceaniche nel Mediterraneo (un'inondazione catastrofica dall'Atlantico o una lenta invasione delle acque del Mar Nero?). Mettendo da parte controversie pluridecennali, tre generazioni di scienziati stanno tentando di disegnare una nuova strategia. Ancora una volta la chiave sarà rappresentata dall'uso di dati di trivellazione, sfruttando 50 anni di miglioramento tecnologico nell’esplorazione offshore.

Angelo Camerlenghi è dirigente di ricerca presso l’Osservatorio Geofisico Sperimentale di Trieste (OGS). Dal 2004 al 2012 è stato research professor presso la Institució Catalana de Recerca i Estudis Avançats (ICREA). Si occupa di ricostruzione geologica dell'evoluzione dei bacini oceanici di tutto il mondo, utilizzando indagini geofisiche e dati provenienti da trivellazioni scientifiche.

Zohar Gvirtzman è ricercatore senior presso il Geological Survey of Israel e professore a contratto alla Hebrew University. Studia la tettonica e la stratigrafia del Mediterraneo orientale e del Medio Oriente. Le sue ricerche più recenti si focalizzano sulla crisi di salinità messiniana e sui geo-rischi marini.

Gianluca Valensise è dirigente di ricerca dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). Laureato in Geologia, ha conseguito un dottorato in Geofisica. La sua attività di ricerca primaria è l'indagine geologica delle faglie responsabili dei forti terremoti. È coautore della Mappa di Pericolosità Sismica (MPS04), che è alla base della normativa antisismica italiana, e della sua estensione all'Europa (ESHM13). Si interessa attivamente di comunicazione del rischio sismico.

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